Il diabete nel cane e nel gatto: cosa c'è da sapere
I proprietari di animali, alcune volte mostrano delle difficoltà; nella comprensione di sintomi, spesso specifici, della malattia e soprattutto nella sua gestione terapeutica. Il diabete è spesso considerato una malattia frustrante per la sua gestione terapeutica.
- Cos'è il diabete
- Tipologie di diabete e differenze tra cane e gatto
- Cause e sintomi
- Come prevenire il diabete
- Cure e rimedi
Cos'è il diabete
Quando si parla di Diabete Mellito, si fa riferimento ad una endocrinopatia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) dovuta a un'alterata quantità; o funzione dell'insulina. L'insulina è un ormone, prodotto dal pancreas endocrino, che consente al glucosio l'ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. In veterinaria, sicuramente è una delle endocrinopatie più diffuse, colpisce con incidenza variabile sia il cane che il gatto. I sintomi più frequenti, ai quali il proprietario non pone spesso la giusta attenzione, sono la polidipsia e la poliuria ( l'animale beve tanto e fa tanta pipì).
Tipologie di diabete e differenze tra cane e gatto
Nella classificazione del Diabete Mellito si riconoscono tre forme: 1° tipo o diabete mellito insulino dipendente (IDDM), 2° tipo o diabete mellito non insulino dipendente e il 3°tipo definito transitorio (Nelson, 2000). Il diabete di tipo 1 è una forma caratterizzata da una progressiva perdita di funzionalità; delle cellule beta del pancreas endocrino, a cui segue una riduzione progressiva nella produzione, prima, e nella secrezione, poi, dell'ormone insulina. E' la forma più frequente nel cane e lo si riscontra prevalentemente nelle femmine con età; compresa tra i 7 e gli 11 anni. Per questa forma è stata evidenziata una predisposizione di razza (Barboncino, Bassotto tedesco, Schnauzer nano, Beagle, Cairn Terrier, Pinscher, Setter inglese), una predisposizione genetica. Ancora può verificarsi in seguito a infezioni virali, disordini autoimmuni e pancreatiti. Nel gatto questa forma è rara.
Il diabete di tipo 2 è la forma più frequente nel gatto e nell'uomo. E' caratterizzato da una iperglicemia indotta da insulino-resistenza per riduzione di numero o affinità; dei recettori insulinici. Nel cane questa forma è rara ed è spesso associata ad altre problematiche quali la Sindrome di Cushing, ipotiroidismo.
Il transitorio è tipico delle cagne in estro.
Cause e sintomi
Nel diabete di tipo 1, quindi nella forma insulino dipendente (IDDM) le manifestazioni cliniche sono spesso date da predisposizione genetica, infezioni sistemiche, somministrazione di farmaci con attività; antagonista dell'insulina quali i glucocorticoidi. Altre cause che possono determinare l'insorgenza di questa patologia sono anche pancreatiti, sia acute che ricorrenti, ileiti immunomediate e in ultima analisi anche l'obesità; ( nel gatto). Queste forme morbose, in definitiva, determinano una ipofunzionalità; delle cellule beta del pancreas e conseguente ipoinsulinemia. Questa riduzione di produzione dell'ormone determina un'insufficiente trasporto di glucosio all'interno delle cellule.
Questa mancata disponibilità; di glucosio per le cellule si traduce con un aumento dei suoi valori
all'interno del torrente circolatorio. L'iperglicemia che ne deriva riesce ad essere tollerata dall'organismo fino a valori poco superiori ai 200 mg\dL. E' in questa fase che si ha la comparsa di primi sintomi quali la comparsa di polifagia, di un pelo opaco e fragile e dimagramento. Quando l'iperglicemia supera valori di 200-220 mg\dL di sangue si verifica la comparsa di un altro sintomo che è la glicosuria, ovvero una elevata concentrazione di glucosio nelle urine. Nel momento in cui si instaura la glicosuria, i sistemi di regolazione dell'organismo iniziano a vacillare e così si ha la comparsa di quello che forse è il sintomo più caratteristico, ovvero la poliuria e la polidipsia. Se anche questi sintomi non sono ben individuati dal proprietario, il quadro si può aggravare e si può andare in contro all'instaurarsi di una sindrome molto grave che mette a rischio la vita dell'animale chiamata chetoacidosi metabolica.
Il tempo che passa tra la comparsa dei sintomi e l'instaurarsi della chetoacidosi metabolica è variabile e dipende dal soggetto.
Quindi il preservare la vita del nostro animale domestico e la gravità; con cui si può manifestare il quadro clinico dipendono prevalentemente da un'attenta osservazione e da quanto tempo intercorre tra la comparsa della malattia e la sua diagnosi.
Come prevenire il diabete
In medicina veterinaria non è possibile fare un reale lavoro di prevenzione alla malattia in senso stretto come si fa in medicina umana. L'unica e reale prevenzione che il proprietario ha per poter garantire al proprio animale una vita il più “normale” possibile è porre molta attenzione a dei segnali. Infatti nell'osservazione del proprio cane o gatto, per il proprietario più attento, deve mirare a individuare dei segni talmente aspecifici quali dimagramento marcato e rapido, comparsa di un pelo sempre più opaco, rado e fragile e la comparsa di cataratte; senza però dimenticarsi dei sintomi più classici quali la poliuria e la polidipsia.
Cure e rimedi
Dal momento in cui il proprietario si rende conto che il proprio animale ha alcuni o tutti questi sintomi deve interfacciarsi con il proprio medico veterinario che provvederà; ad impostare in primis un piano diagnostico con esami del sangue e delle urine e curve glicemiche. Una volta ottenuta la diagnosi imposterà; una terapia a base di insulina e pianificherà; una gestione alimentare adeguata di supporto. Il veterinario ha il dovere di informare i proprietari che il primo scopo della terapia è quello di avere una remissione dei sintomi e che qualora in cui l'iperglicemia si sia mantenuta per troppo tempo con dei valori molto alti si possono instaurare delle complicazioni; deve informare di quelli che sono i rischi stessi dell'inizio della somministrazione di insulina e rassicurarlo.
L'impostazione della terapia e il suo monitoraggio è a vita; deve essere molto precisa e calcolata sul peso dell'animale al fine di evitare una dose troppo bassa e quindi inefficace o troppo alta e quindi responsabile di crisi ipoglicemiche. Ciò nonostante la terapia insulinica non deve scoraggiare il proprietario nella sua complessità;, essendo essa stessa salvavita per il proprio animale.