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Leptospirosi

La leptospirosi è una malattia batterica del cane che può anche essere trasmessa all’uomo. Si tratta infatti di una zoonosi. Tale malattia ha una diffusione universale anche se la sua frequenza, un tempo notevole, è andata gradualmente riducendosi per il largo uso della vaccinazione.

Colpisce senza distinzione i cani di qualsiasi razza, sesso ed età (malgrado mostri una predilezione per i cani da 1 a 3-4 anni). Presenta un carattere di stagionalità, con massima diffusione nella tarda estate ed inizio autunno, in coincidenza dell’inizio dell’attività venatoria e delle abbondanti precipitazioni atmosferiche. La patologia è causata da un batterio appartenente alla famiglia delle Leptospiraceae e all’interno di questa famiglia sono presenti diversi sierotipi, ma, quelli che interessano più comunemente il cane sono: Leptospira canicola e Leptospira icterohaemorrhagiae.

La leptopsirosi canina rappresenta un tipico esempio di infezione i cui agenti causali, dotati di scarsissima resistenza nell’ambiente esterno e incapaci di moltiplicarsi, si affidano alla possibilità di sopravvivenza che viene loro fornita da animali vertebrati, domestici e selvatici, che ne divengono serbatoi più o meno durevoli e provvedono così alla conservazione della specie ed alla perpetuazione del contagio.

Il cane rappresenta il serbatoio per Leptospira canicola mentre diversi animali selvatici (soprattutto i roditori) occupano una posizione di assoluta preminenza come indispensabili punti della catena epidemiologica dell’ infezione. L’infezione non rimane tuttavia confinata nell’ospite di mantenimento, ma può accidentalmente contagiare individui di altra specie. L’abbondante e persistente eliminazione delle leptospire con le urine da parte dei serbatoi naturali rappresenta un punto epidemiologico saliente dell’intera malattia.

Le leptospire si trasmettono mediante due modalità: per via diretta o indiretta. All’interno della via di trasmissione diretta, si considerano :

  1. contatto con urina infetta,
  2. via transplacentare,
  3. contatto venereo.

I contagi per via indiretta avvengono invece in seguito all’ingestione di acqua o alimenti contaminati dalle urine di cani o roditori infetti. Animali infetti eliminano i batteri con le urine, inquinando l’ambiente, e l’eliminazione urinaria può durare a lungo (anche mesi o anni) anche in cani asintomatici. In ambienti umidi le leptospire possono rimanere vitali ed infettanti per settimane o mesi, in particolare in acque stagnanti con temperature tra 0 e 25° C. La patologia ha infatti incidenza stagionale ed è legata soprattutto alla stagione caldo-umida.

La patologia è caratterizzata da una grave compromissione di reni e fegato. In particolare, a seconda della specie batterica coinvolta, avremo un più spiccato risentimento dell’uno o dell’altro organo. La leptospira canicola è responsabile di lesioni renali molto gravi, mentre la itteroemorragica e la pomona causano maggiormente sintomi epatici. Ecco quindi come la sintomatologia associata a questa patologia dipenda da: specie coinvolta nella patologia, stato immunitario dell’ospite, età (i soggetti di età minore di 6 mesi, tendono più frequentemente a manifestare lesioni epatiche).

Dopo un periodo di incubazione variabile tra 5 e 9 giorni, la malattia può manifestarsi in modo molto vario e con sintomi che possono essere lievi e poco significativi, assenti o arrivare ad una forma grave e letale. Distinguiamo forma:

1. Iperacuta: caratterizzata da un’importante leptospiremia che si associa esclusivamente a febbre alta e a morte improvvisa;

2. Acuta: con febbre elevata, marcato abbattimento, anoressia, intensa congestione delle mucose oculo-congiuntivali, gastroenterite con vomito e diarrea con o senza sangue, ittero, intenso o lievemente accentuato, causato dal precoce e costante interessamento epatico, che di solito coincide con la caduta della temperatura, ottundimento del sensorio, epistassi, ecc.

3. Subacuta: caratterizzata da febbre, anoressia, apatia, mucose iperemiche, petecchie ed ecchimosi, disidratazione, vomito, polidipsia, tosse e dispnea, insufficienza renale con oliguria e anuria, ittero, ecc.

Il quadro clinico renale, nei casi più gravi, permette di osservare una più o meno prolungata anuria quale espressione dell’insufficienza renale determinata dalle lesioni intrinseche e da un grave crollo della pressione arteriosa.

Nell’ulteriore evoluzione della malattia, l’insufficienza si accentua e aggiungendosi a quella epatica, conduce ad un particolare stato uremico, proprio delle sindromi epato-renali. Inoltre, associato a questo, dal punto di vista ematomorfologico sarà evidente una spiccata leucocitosi neutrofila, talora particolarmente intensa. La prognosi deve essere sempre riservata, soprattutto quando sono presenti i segni di un danno epatico e renale nonostante l’immediato ricorso ed appropriato trattamento specifico e sintomatologico. Dal punto di vista sintomatologico, questa patologia è simile ad altre malattie infettive, e quindi risulta di grande importanza eseguire test diagnostici mirati e specifici, per raggiungere una precisa diagnosi e un corretto e tempestivo trattamento terapeutico.

I test diagnostici saranno molto importanti soprattutto per rilevare e valutare quei danni epatici e renali che abbiamo detto essere presenti in questa patologia. Sarà il medico a stabilire quale protocollo diagnostico attuare, però in linea generale si procede con un esame emocromocitometrico e biochimico completo da cui sarà possibile rilavare il numero di leucociti, il valore di creatinina e urea, la quota di elettroliti e altri dati. Potremo rinvenire dei dati di indice di danno epatico, come un innalzamento delle transaminasi a causa del danno epatico o anche delle lipasi e della amilasi. Si può considerare di eseguire anche un esame delle urine o ancora esami microbiologico, sierologici e di biologia molecolare di conferma. 

Dopo una precisa e mirata diagnosi, si potrà procedere con la terapia, che sarà volta a:

  1. eliminazione delle leptospire,
  2. correzione del deficit di organo, 
  3. controllo delle complicanze.

Trattandosi di una patologia così complessa e difficile, ed essendo possibile il coinvolgimento dell’uomo, è di fondamentale importanza la prevenzione! Questa si basa sulla vaccinazione.

Il protocollo vaccinale non è unico, ma va ripetuto annualmente per assicurare al nostro amico un’ adeguata protezione. L’aspetto da considerare però è che il vaccino disponibile in Europa protegge il nostro amico solo da 2 siertotipi: canicola e icterohaemorrhagiae, senza permettere la protezione nei confronti degli altri sierotipi, ed ecco quindi che è sempre concreto il rischio che anche cani vaccinati possano acquisire il patogeno e sviluppare la malattia. Sarà infatti compito del medico decidere e stabilire il protocollo vaccinale adeguato e più protettivo possibile. 

Considerando quindi la possibilità anche dei cani vaccinati di incorrere nella malattia, e trattandosi quindi di una zoonosi, risulta di fondamentale importanza mettere in atto misure preventive anche di ordine igienico individuale. Secondo quanto accennato precedentemente sulla biologia del batterio e sulle sue abitudini di vita, risulterà fondamentale impedire al nostro amico di bere acque di pozzanghere e acqua stagnante, soprattutto in zone con un notevole rischio di presenza di ratti. Unito a questo, cosiderando che la trasmissione avviene non solo per ingestione di acqua e alimenti contaminati ma anche per contatto attraverso ferite della cute, sarà necessario maneggiare il nostro cane con leptospirtosi mediante l’ausilio di mezzi di difesa individuali come ad esempio guanti in lattice. 

Questa patologia e la sua possibilità di creare danni all’uomo, riconduce all’attuale concetto di one health, che crea un legame sempre più stretto tra la medicina umana e veterinaria al fine di assicurare il benessere e la salute sia di uomo che di animali.